Fermata Calabria 2015: diario di viaggio, emozioni

23 settembre 2015

Andrea | Cinzia e Mauro | Lidia | Roberto | Elda | Michele | Laura | Luigi | Gabriella | Link (foto e video)


Andrea

Camminare e camminare lentamente abbatte muri e innalza ponti, questo è quanto è successo nei quattro giorni di cammino di FERMATA CALABRIA.

pollino1Venti persone, da tutta Italia, che non si conoscevano hanno camminato insieme per quattro giorni dal verde del Pollino attraverso il bianco delle fiumare fino al nuovo verde del mare.  La fatica, il caldo, la sete ti depurano da tutte le scorie, le incrostazioni che ti porti dietro e consentono alla parte più vera di te di emergere, con tutte le difficoltà, le incertezze, le insicurezze ma anche con i punti di forza, le emozioni positive, gli affetti e questo fa sì che si instaurino relazioni personali e collettive potenti che hanno dato frutto sul momento e ancora di più ne daranno in futuro.

Questo è ciò che cercavamo: annodare fili, costruire ponti ed è successo, ed è un successo.

LA SALITA AL POLLINO: il verde dei boschi, dei prati la maestosità dei pini loricati

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LA SOSTA A CIVITA: convivialità, musica, danze e l’incontro con la comunità Arberesh

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LA DISCESA AL MARE: le gole del Raganello, avventura e divertimento, la fiumara: caldo,sete e fatica e …finalmente il mare

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Cinzia e Mauro

Dopo la notte all’addiaccio, la lunga discesa verso Civita offre l’occasione per leggere la natura dei luoghi, mentre gli sfondi scorrono con un’adeguata velocità, attraverso le visioni e gli incontri. Incontri casuali, all’apparenza: personaggi e non solo persone.

Il primo incontro è il Pastore del Pollino, che ci racconta in italiano arcaico, asciutto ed essenziale come un dialetto, la storia dei cuccioli di lupo che ha raccolto e “domesticato”, sino a che la forestale non l’ha costretto a rilasciarli. In obbedienza “alla legge”, ci tiene a dire, che nulla sa di come funzionano le cose di natura.

Il secondo incontro avviene dentro la macchia degli “alberi serpente”, faggi dai tronchi alti, sottili e contorti, ai cui piedi si manifesta una distesa incredibile di funghi prelibati, enormi, sodi, freschissimi. Un’apparizione. Mentre li raccogliamo, il Pastore ci osserva da lontano senza dir nulla, forse stiamo saccheggiando la sua riserva, o forse l’ha evocata lui stesso, per noi, questa prodigiosa fioritura. Riempiamo una sporta pesante che a turno trasporteremo sino al paese. Giù, ce li cucineranno, ma alla calabrese, frastornati in una sinfonia di peperoni e melanzane. 

Il terzo incontro è il garzone del servizio di biancheria a noleggio, che ci raccoglie esausti, ultimi due appiedati della comitiva che molto più sopra ha forzato un passaggio a un furgoncino, riempiendo allegramente il cassone di sé e dei propri zaini. Li abbiamo poi visti passare festosi sotto di noi, ma molto più in basso, capendo quanto lontano fosse il tornante.  Il soccorso ci viene da questo giovane del luogo che, mentre guida, ci tiene a dire che anche a lui piacerebbe viaggiare, anzi l’ha fatto, ha percorso il Raganello e le altre vallate, e spesso visita svariati paesi del cosentino. Si capisce che non si è mai allontanato da questi brevi orizzonti, tra monte e litorale, e questo fa di lui un genius loci inconsapevole, ripieno di purezza originaria.

Il quarto incontro è con Giuseppe, a Civita, sul belvedere da cui si domina l’abisso e si fronteggia la parete della forra colossale. E’ curioso di noi, da dove veniamo, cosa facciamo. Lui è un ritornante, una vita trascorsa in America, a New York, ma nel Bronx – non a  Little Italy, che non esiste più da molto tempo e ora ci stanno i cinesi. Parla del lavoro, anzi del Lavoro, si capisce che è stato il senso, la passione e l’angoscia della sua esistenza, dice che qui non c’è, si lamenta del governo, e ci tiene a dire, con orgoglio, di non aver mai votato in vita sua.

Esaurito il cammino, arrivare a Civita è una sorpresa, in positivo. La comunità è ben organizzata per gestire l’attrattività turistica, collabora, si capisce che hanno avuto finanziamenti europei e li hanno ben impiegati, hanno un sito, hanno idee… ci aspettavano per fare festa, e bisogna dire che le sanno fare, le feste: le donne del paese ci hanno preparato il benvenuto, con bibite, latte di mandorla e torte alla menta (anche se scappan via prima che inizi la loro telenovela preferita), si chiacchiera, arriva il sindaco, si visitano le case-albergo ristrutturate, le fontane – centro eponimo di ogni quartiere, e le case “con la faccia”, ancora da recuperare.  Dopo cena la festa esplode, l’ “avvocato”, poliedrica figura di notabile come ne esistono solo in questi paesi del meridione, dirige le danze, spuntano strumenti, cantori e  suonatori sempre nuovi, si spostano i tavoli per ballare, si dà fondo al repertorio di saltarelli e tarantelle, si è felici… poi, come dev’essere, prima d’andarcene a dormire, i cantori arberesh ci instillano nell’animo gocce di malinconia evocando l’epica del popolo in esilio, canti armonici di eroi sconfitti e amori sfortunati… ma qui non siamo già più al Paese di Oz.

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Lidia

Le donne di Casa Smurra ci accolgono fra gli alberi di clementine,  offrendoci un rinfresco che altrove sarebbe una cena, ma che in Calabria è “soltanto” un aperitivo: succo di clementine -ovviamente!-, crostini con la ‘nduja, caciocavallo di Podolica, salumi di suino nero, crostate con marmellata d’agrumi…

Dietro al cibo, come sempre, la storia di chi lo produce, come Vincenzo, che alleva con sacrificio e dedizione le vacche di razza Podolica. Mi racconta con dignità la sua battaglia contro la normativa che regola la produzione casearia, ostile alle metodiche tradizionali non conformi agli standard industriali. I produttori si sentono soli: decenni di politica scellerata hanno distrutto la tradizione contadina locale e l’effetto peggiore è che i giovani non la conoscono e non hanno interesse a conoscerla. Ma gli allevatori non si arrendono, fanno rete, hanno il sostegno di Slow Food e dei GAS locali, che stasera, ovviamente, sono entrambi presenti.

Tante presenze, tante facce: noi del Cinefest, la  Compagnia dei Cammini, gasisti del Nord e del Sud, esperti di comunicazione, membri della Rete nazionale di Economia Solidale, Italia Che Cambia, insegnanti, produttori campani, pugliesi. Da anni si lavora insieme per formare una rete di produttori del Meridione, la Ressud, cercando di superare le difficoltà comunicative e logistiche dovute alle distanze. Fermata Calabria ci da l’occasione per riaprire il dialogo interrotto, ci mettiamo a parlare in cerchio di quello che facciamo nei nostri territori e che vorremmo fare tutti insieme da domani. C’è poco tempo, ma basta per riannodare i fili e pensare al futuro cercando altre occasioni di incontro.

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Roberto

Il cambiamento è anche godersela assieme! Togliersi di dosso la polvere e il sudore di una lunga camminata: così!

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AMARELLI: BENE LA CRISI EDILIZIA, SE IMPEDISCE USO SUOLO
amarelliCi hanno detto: “per vendere un prodotto, un servizio, che ha che fare con la Calabria, bisogna omettere il nome Calabria: parlare di Aspromonte, di Sila, ma mai di Calabria, che è percepita in Italia del nord come un brand negativo!”

Siamo veramente felici di avere stimolato, con Fermata Calabria le migliori energie di quel territorio a venire allo scoperto e mettersi in relazione per cominciare a costruire le alternative possibili.

Potete vederne una piccola selezione in queste foto, forse riuscite a percepire una piccola parte della tensione che c’era in quella sala, la varietà di esperienze e provenienze; leggerete parole chiave degli interventi nel secondo paragrafo di questa pagina, che vi invito a leggere.

Siamo molto fieri e felici d’avere scritto in grande: FERMATA CALABRIA, che segna l’inizio di una riscossa, anche d’orgoglio, di quella terra.

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Elda

PANE E OLIO

Mi sento un po’ a disagio sotto il gazebo dello “Zefiro” a Rossano perchè oggi , sabato 6 settembre, per “Fermata Calabria” si parla di scuola, mio amore e mio cruccio. E’ il mio mondo la scuola.

Educare, formare, istruire i verbi che hanno accompagnato la mia vita di donna e insegnante.

Presto mi rassereno perchè sento parlare di scuole diverse: nel bosco, parentali, orti “sbagliati” e tanto altro. Una narrazione mi colpisce in particolare, quella della preside De Biase, della merenda a base di pane e olio. E’ bello vedere nel filmato i bambini mangiare con gusto quel cibo naturale, bellissimo cogliere in questo gesto semplice e ardito, un pezzo di quella che Roberto Li Calzi chiama “rivoluzione gentile”, che mi affascina e mi convince sempre di più come strumento di cambiamento “da dentro” le strutture, in questo caso la scuola.

La disobbedienza civile della preside De Biase , il suo deciso rifiuto di omologarsi al mondo della plastica e della igienizzazione esagerata che uccide la vita, prima nel cibo e poi in noi che lo mangiamo, è foriera di altre disobbedienze necessarie per continuare quel processo di trasformazione dove né alunni, né operatori, né insegnanti, né genitori vogliono diventare semplici pedine di un ingranaggio disumanizzante.

Scuola pubblica: presidio di legalità difesa con la disobbedienza: buona come il pane e liscia come l’olio. E poi quel pane e olio evoca la mia esperienza di nonna che offre alle nipoti il pane fatto in casa condito con l’olio acquistato dagli amici del Sud. Le nipoti mangiano felici mentre narro le storie belle e faticose di chi col suo lavoro, ci permette di gustarlo quel pane e olio… così mangiando e ascoltando superano le barriere.

Link a video ecomerenda http://www.youtube.com/watch?v=DhJoGZBJgD8

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Michele

Io di Fermata Calabria, tra le tante cose, porterò nel cuore Il giardino di Iti: calore, raffinata semplicità e cibo che più tradizionale, genuino e gustoso non si può!

Mi accoglie Luca, compagno di strada del progetto Cinefest che finalmente conosco di persona… che bella persona, voglio scriverlo (chi lo conosce sa e condivide, assicurato!). Si scusa per la camera, quella per gli amici e non per gli ospiti che a suo dire è poco confortevole ma quando ci apre la porta (siamo in due) mi viene da sorridere: bellissima, grande, con tutto ciò che serve e di più. In effetti Fermata Calabria per me resterà Il giardino di Iti: volti, balli (poi mi sono pentito di non aver partecipato a quello della banana…o forse no…chissà), chiacchierate fino a tarda notte tra il serio e il molto serio sempre nel divertimento e relax, cene (ma l’ho scritto quanto fosse buono tutto ciò che ci è stato servito? Che praticamente tutti abbiamo insistito per mangiare i resti delle cene precedenti, anche riscaldati?).

Che altro aggiungere? Che si viene via con la certezza di tornare e con la gioia di aver speso tutto quanto rimasto nel portafoglio in marmellate, conserve e prelibatezze che ancora sto assaporando, pian piano, ogni giorno con un pizzico di nostalgia per quei meravigliosi giorni a Rossano   .

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Laura

Fermata” Calabria: pareva una cosetta statica e tranquilla…
è partita zaino in spalla dormendo sotto le stelle, si è conclusa camminando a mollo arrampicati tra le gole.
E’ stata una “
fermata” selettiva: stop ai pensieri storti, alle rivendicazioni, all’arrendersi, al correre da soli tanto in fretta da non guardarsi intorno.

Avanti tutta alle idee e all’energia, alla partecipazione (tanta! diversificata e coinvolgente) avanti alla musica e al cibo locale (tanto! espressione di passione); avanti all’ascolto e all’aiuto, al conoscersi al raccontare e al prossimo fare, insieme.

Magnifico il Colagnati, magnifiche le gole del Raganello!

Quanto meglio ci si ri-conosce dopo, nelle riunioni di lavoro e progettazione di futuro, se prima ci si è aiutati a prendere il passo in salita, a risalire sulla roccia quando la corrente tira via, se si è urlato insieme sotto la forza della cascata!

Vi riconoscerò molto a lungo, grazie!

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Luigi

Fermata Calabria: una settimana di emozioni, oltre 120 ore di energie positive, oltre venti organizzazioni solidali nazionali, tanti chilometri percorsi tra natura selvaggia e mare cristallino. Parole ma soprattutto fatti, felici, progressivi. Un’esperienza unica in cui si sono confrontate realtà locali e nazionali, un fermento di amicizie, di abbracci fecondi e collaborazioni nate spontanee. Perché dal bene non nasce che bene.

Grazie grazie grazie a Cristiana e a tutti gli attori del cambiamento.

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Gabriella

Eravamo a Trieste, incontro INES 2015 a quel tavolo in mezzo alla piazzetta, con Roberto e Maurizio che improntavano una traccia di quello che sarebbe stata Fermata Calabria.

Mi sono aggiunta al gruppetto di lavoro, annusando questa carovana di viaggiatori fantasiosi, col cuore e l’energia che solo un’Italia solidale sanno regalare. E da allora è stato un crescendo di relazioni ed emozioni.

Fermata Calabria è stato territorio vissuto con fatica e con ardore dai camminatori, gli incontri nella storica fabbrica degli Amarelli, che dal 1700 producono e trasformano ancora con coraggio la loro materia prima e ne fanno dono a tutto il mondo, con quella tenacia che sprigiona la radice di liquirizia.

Fermata Calabria: una cascata di acqua fresca sulle nostre teste appesantite dal consumismo.

Fermata Calabria: un incontro di persone che resistono a tutti i livelli: dal campo al tribunale, dalle scuole alle botteghe, agli attacchi di una società che ci vuole tutti uguali.

Fermata Calabria, festa di sapori e colori della terra calabra, che ci ha accolti da tutta Italia, con le sue danze e le sue canzoni, con gli artigiani e un mare infinitamente blu, da cui sono partiti i nostri prossimi viaggi.

Fermata Calabria, un porto da cui partire per altre destinazioni e in cui tornare per farsi coccolare.

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